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"LA GRAZIA DELLE ROSE"
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© Poèmes et Pensées sous la forme de la Rose

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La rose, ce qu’on dit et ce qu’on pense

martedì 25 marzo 2014

"Flora" dea della fioritura



FLORA, il risveglio della vita

Oggi son detta Flora, ma ero una volta Clori; 
nella pronuncia latina fu alterata la forma greca del mio nome.
E, Clori, ero una Ninfa delle Isole Fortunate, ove tu sai che felicemente visse gente fortunata.
È difficile alla mia modestia dire quanta fosse la mia bellezza; essa donò a mia madre per genero un Dio.
Si era di primavera, e io me ne andava errando; mi vide Zèfiro, 
e io mi allontanai; prese a inseguirmi, e io a fuggire.
Ma fu più forte di me.
Borea, come aveva osato prendersi una donna nella casa 
di Eretteo, aveva dato al fratello ogni diritto di rapina.
Ma Zefiro fece ammenda della violenza dandomi il nome di sposa; non v'è alcun motivo di lamento nel mio letto coniugale.
Io godo di eterna primavera; l'anno è sempre fulgido di luce, 
gli alberi son ricchi di fronde la terra rivestita di verzura.
                                                                                      Ovidio  



Flora è conosciuta come Dea della primavera e
delle cose in fiore o che attendono di dare frutto,
della floricultura, dei giovani,
protettrice delle partorienti e delle meretrici.
Era una delle più antiche divinità del Pantheon romano, e sovrintendeva alla Primavera. 

Flora è la dea romana delle fioriture.
Presiedeva al risveglio primaverile e, in senso più ampio, a tutto ciò che deve sbocciare,
quae rebus florescendis praest

la gioventù, i sensi amorosi, le belle speranze.
Aveva un carattere gioioso e ridente con un’inclinazione per la sensualità e il piacere.


Sicuramente era originata da una divinità campestre venerata dalle antiche popolazioni italiche (probabilmente Sabine) prima della conquista romana anche se la versione di Ovidio la collega con la ninfa greca Chloris, prima rapita e poi sposata da Zefiro, che le attribuì la divinità e il governo dei Fiori.


Lo scrittore latino Marco Marrone, affermava che la dea Flora fosse stata introdotta a Roma dal re Tito Tazio che le aveva fatto costruire un sacello in Campidoglio.
Flora per i romani era la personificazione delle forze nuove della natura e veniva spesso chiamata affettivamente Flora Mater.
Come divinità materna aveva un ruolo di protezione che ci viene raccontato, seppure in forma di scherno, da Sant’Agostino nel descrivere l’affollamento delle divinità romane preposte alla protezione del grano: “Misero dunque Proserpina a sorvegliare i frumenti in germoglio, il dio Noduto le giunture e nodi degli steli, la dea Volutina l'involucro dei gusci, la dea Patelana i gusci che si aprono per far uscire la spiga, la dea Ostilina le messi quando si adeguano alle spighe nuove, giacché invece di "adeguare" gli antichi hanno usato la parola "ostire", la dea Flora i frumenti quando sono in fiore, il dio Latturno quando sono lattescenti, la dea Matuta quando maturano, la dea Roncina quando sono tagliati con la ronca cioè sono mietuti”.

Flora è dunque la protettrice di ciò che è “in fiore”, che è aperto e attende di dare frutto, che ha molto da produrre davanti a sé ed... 

il cui futuro va tutelato.