Portare vita al
vivente
L’HUMUS DI
LOMBRICO
La razionalizzazione delle pratiche
agronomiche messa in atto ad iniziare dal secondo dopo guerra, con l’obiettivo
di massimizzare le rese per incrementare il profitto, ha condotto verso una
eccessiva semplificazione delle pratiche agronomiche arrivando a snaturare
completamente quelli che per secoli sono stati compiti e ruoli dell’agricoltura
e dell’agricoltore: produrre alimenti salvaguardando territorio e
paesaggio.
I motivi e le cause di questa
involuzione sono svariati. Tra questi vi è il crescente interesse da parte delle
multinazionali che vedono nell’agricoltura una grossa opportunità di guadagno.
Uno degli altri motivi risiede nell’estrema specializzazione delle scienze
agrarie con conseguente perdita di visione olistica. La conseguenza diretta e
immediata di questo processo, culminato con la famosa “Rivoluzione verde” a
cavallo degli anni ’60, ha determinato la mancanza di dialogo tra le scienze
agrarie e le scienze “contingenti” (naturali, ecologiche, etiche, nutrizionali,
energetiche, estetiche, paesaggistiche, ingegneristiche ecc.).
E se un tempo l’animale aveva
un’importanza fondamentale per quanto riguarda l’approvvigionamento del prezioso
concime, con la diffusione e l’espansione della “moderna agricoltura” si assiste
in maniera graduale alla completa scomparsa di ogni forma animale dalle
campagne. Oggi la maggior parte delle aziende agricole che praticano la “moderna
agricoltura” (o forse è meglio dire agricoltura industriale) sono prive di
bovini, di cavalli, di pecore o altre tipologie di animali.
Uno dei motivi risiede nel fatto che
il prezioso concime, che un tempo era prodotto dai bovini, oggi viene prodotto
dall’industria e venduto in comodi sacchi all’agricoltore che poi lo
distribuisce sui campi. Ma che differenza c’è tra un concime prodotto da un
essere vivente ed un concime sintetizzato attraverso un processo industriale?
Azoto organico e azoto di sintesi hanno le stesse qualità? La naturale
biodiversità del suolo è maggiormente stimolata e favorita da concimi organici o
da concimi di sintesi?
Dobbiamo porci queste domande perché
non si tratta di essere nostalgici verso un mondo che non c’è più, ma perché è
necessario valutare le conseguenze di certe azioni e di certe pratiche. Il
bovino si nutre già da sé con un elemento che è il risultato di un processo
vitale e della fotosintesi. Il vegetale che poi diviene nutrimento è già di per
sé il risultato dell’interazione di luce, calore, acqua e di tutti quei
processi viventi che gli permettono di crescere,
compresa l’interazione con gli organismi del suolo. A sua volta ciò che viene
ingerito dal bovino passa attraverso 4 stomaci ed un intestino lungo una
quarantina di metri. Questo percorso, unico nel suo genere, contribuisce alla
vivificazione della materia organica passando dal gradino vegetale
a quello animale, sempre rimanendo in un contesto organico-vivente. Il bovino
dunque con il suo calore ed il suo metabolismo (con la naturale ricchezza
enzimatica e batterica di cui dispone all’interno del proprio intestino)
contribuisce a vivificare ulteriormente la massa vegetale che
ingerisce. Si può affermare che il bovino sia molto altruista poiché restituisce
e dona alla natura sostanze ed elementi che sono di fatto fonte di vita e
vitalità, trattenendo ben poco per sé. Va detto che non esiste altro essere
vivente (o quasi) capace di fornire un elemento così importante per il terreno.
Non è un caso se per secoli il letame bovino, sotto varie forme, è stato alla
base della concimazione.
E mentre il letame passa
attraverso un processo vivente (nel senso più ampio del
termine), con i concimi azotati inorganici invece avviene l’esatto contrario. La
sintesi industriale di questi concimi inorganici rappresenta una vera e propria
mortificazione. I più diffusi sono i concimi ammoniacali ricavati dalla
riduzione diretta dell’azoto molecolare, a temperature di 1000 °C ed
a
pressioni di 200 bar.
Oppure nel caso dei concimi nitrici
questa sintesi avviene dall’ossidazione di azoto atmosferico (che sarebbe una
forma non disponibile alla nutrizione delle piante) a temperature di 2700 °C
utilizzando l’arco voltaico. Viene da chiedersi che fine faccia la
vita sotto queste condizioni.
Già nel 1924 Rudolf Steiner intuì che
era necessario “portare vita al vivente” per contrastare il declino
dell’agricoltura e la perdita di fertilità dei terreni.
È fondamentale, quindi, rivalutare
ruolo e funzione dell’animale all’interno della realtà agricola come fonte di
vita.
L’HUMUS DI LOMBRICO
La gestione dei bovini richiede comunque
una certa organizzazione ed un certo impegno che non tutte le aziende riescono
ad affrontare (soprattutto le realtà più piccole, oppure in ambito non
professionale). Vi è, tuttavia, un valido alleato dell’agricoltore che lavora in
silenzio, in grado di mantenere la fertilità del terreno garantendo la presenza
“animale” e garantendo la funzione che un tempo era appunto delegata alla vacca.
Questo essere è il lombrico, detto anche “mucca sotterranea”. Lo
stesso Darwin era stupito dal fatto che questo insetto producesse terreno
fertile riportando in superficie dagli strati più profondi grossi quantitativi
di sostanza. E durante questo salire in superficie per poi ridiscendere il
lombrico scava gallerie nelle quali microrganismi aerobici trovano il proprio
habitat ideale. Inumidimento, sminuzzamento, miscelazione e decomposizione sono
le principali attività nelle quali vengono mescolate e cementate da un muco
proteico la parte minerale del terreno (o roccia madre) insieme alla parte
organica, formando un aggregato definito
complesso
Argilla-Humus.
Nel lombrico sono presenti ghiandole
calcifere importantissime, responsabili della produzione
di
carbonato di calcio che è un elemento
fondamentale per la crescita delle piante. Contiene nell’intestino un’ampia
popolazione di microrganismi coinvolta in numerose reazioni di decomposizione,
tra cui batteri cellulosolitici che favoriscono la demolizione della lettiera.
Le deiezioni del lombrico rappresentano una fonte notevole di elementi nutritivi
per il terreno.
Il lombrico necessita di umidità e
della giusta temperatura (muore con il secco e non gradisce il freddo intenso e
il caldo eccessivo).
Molte e ripetute esperienze dirette
hanno evidenziato che l’uso del preparato Fladen favorisce
la presenza del
lombrico nel suolo.
Questo piccolo animaletto è
estremamente importante per il terreno, sia per l’azione nel ciclo del detrito
che per la struttura (è notevole anche la quantità di biomassa). Si ciba di
residui vegetali ed animali e, durante l’ingestione, assume notevoli quantità di
microrganismi (batteri e funghi fondamentali per la biodiversità e per il tipo
di “servizio ecologico” che forniscono) le cui spore vengono eliminate con le
feci e distribuite in una vasta area. Vi è un aumento del carico microbico, sia
di batteri che di attinomiceti, osservabile dall’attività microbica respiratoria
presente nelle sue deiezioni. La materia organica ingerita dal lombrico viene
restituita in forma stabile,
ideale per la nutrizione delle piante.
È possibile anche ottenere un ottimo
fertilizzante, proveniente dall’intestino del lombrico, allestendo quello che
può essere definito “allevamento di lombrichi” garantendo le condizioni ottimali
per l’attività di questi organismi. Il risultato è un humus
soffice, colloidale, scuro, profumato ed umido ricco di sostanza organica, flora
batterica (batteri non digeriti che proliferano facilmente in questo substrato e
che contribuiscono all’umificazione), vari microrganismi, auxine,
enzimi, macro e micro elementi. Il suo rapporto in elementi è ricco, bilanciato
e completo (azoto, fosforo, potassio, calcio e magnesio). Questo humus
trasformato dal processo digestivo del lombrico è un prodotto
stabile ed equilibrato ideale per la fertilizzazione. È possibile
ottenere questo humus impiegando anche i preparati biodinamici, allestendo
appositi cumuli all’interno dei quali l’attività del lombrico viene esaltata ed
amplificata. Questo humus migliora la condizione fisiologica della pianta, e lo
si può usare nei trapianti per favorire la radicazione, come fertilizzante,
nella pasta per tronchi, nel bagno sementi o nella preparazione dei terricci per
vasi e piantine da orto. La struttura stabile che assume come conseguenza del
processo di umificazione ne impedisce il dilavamento; questo rende meno
problematica la scelta del momento per la distribuzione o l’interramento, anche
se il periodo più indicato rimane sempre l’autunno (eventualmente l’inizio della
primavera o, in alcune zone, la fine dell’inverno). Il miglioramento della
struttura favorisce la presenza e la circolazione dell’aria nel suolo, con
notevole beneficio.
I dosaggi variano in base alle
caratteristiche del terreno e alle esigenze delle colture.
IMMAGINI:
Con i processi di
sintesi industriali viene snaturato il ciclo dell’azoto, il ciclo del carbonio e
tutti gli altri cicli e processi vitali che da milioni di anni sono alla base
della vita e che sono fonte di vita (ciclo della sostanza organica e degli
elementi nutritivi come fonte di fertilità, operato da batteri, micro e macro
organismi).
Con la sintesi industriale l’azoto
non passa più attraverso un processo vivente. Non vi è più la mediazione di un
organismo vivente (vegetale e/o animale), ma vi è una sintesi al termine della
quale si ottiene un prodotto completamente privo di vita e asettico (concimi
ammoniacali e concimi nitrici). Questi sali provocheranno un rigonfiamento ed un
ingrossamento della pianta, per cui il profitto aumenterà, ma questa pianta non
potrà diventare un alimento idoneo a sviluppare salute e coscienza. Inoltre i
concimi di sintesi andranno a mortificare i processi biologici del suolo e la
naturale attività svolta dagli organismi terricoli. L’uso eccessivo di
fertilizzanti azotati riduce la quantità di polifenoli negli alimenti.
Mentre con la fertilizzazione
organica ben fatta aumenta la biodiversità del suolo
(batteri, funghi, protozoi,
alghe, macro organismi) favorendo una maggiore decomposizione della sostanza
organica, la costruzione di humus stabile ed una migliore ed equilibrata
disponibilità di sostanze nutritive. Batteri, attinomiceti e funghi decompongono
i residui vegetali; li trasformano e producono sostanze particolari (elementi
nutritivi, sostanze cementanti, antibiotici, ecc.) che rendono più stabile la
struttura del suolo, contrastando l’erosione e il dilavamento. Gli elementi
nutritivi fortemente legati vengono poi solubilizzati e resi disponibili per la
nutrizione delle piante grazie a micorrize, funghi e batteri che vivono
in
simbiosi con le radici.
L’esaltazione dei processi
organici migliora l’efficienza energetica e riduce di molto l’impatto ambientale
favorendo la conservazione del suolo.
Se
si continuerà a concimare con concimi minerali allora i vostri figli e i figli
dei vostri figli cresceranno molto pallidi. Le facce non si potranno distinguere
dalle mani tanto saranno bianche. Dipende dai campi bene concimati se essi
possono avere un colorito vivace e sano.
Rudolf Steiner,1924