martedì 9 ottobre 2012

la Rosa "Mocenigo" - anche detta "la Moceniga"



Plant a rosebush every year and you will not have lived in vain

Henry Bowen
Pianta una rosa ogni anno e non avrai vissuto invano


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omaggioallerose.tumblr.com/tagged/Gardenia


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La rosa Moceniga da Joséphine ad Alvisopoli

La storia grazie a Lucietta Memmo

Da duecento anni fiorisce indomita, profumatissima e silenziosa tra le fronde ombrose del parco di Villa Mocenigo ad Alvisopoli, Fossalta di Portogruaro, Venezia. 
Il suo colore di un rosa quasi metallico (cangiante a seconda della luce che riceve e dello stadio di fioritura, più sboccia più schiarisce), la disposizione dei suoi petali, la tipologia di foglie e steli, da sempre la catalogano come una bengalese, ovvero una rosa cinese di fine Settecento. Ma la Moceniga, come viene indicata, è un unicum dal mistero non del tutto svelato. Accarezzò mai, la bella Joséphine, i petali della rosa Moceniga? E la rosa Moceniga è figlia del roseto che l’Imperatrice francese creò a La Malmaison? Un nesso c’è. Il nesso si chiama Lucietta Memmo. Chi era? Nel nostro territorio è un nome da sapere. Si tratta, infatti, della moglie del conte Alvise Mocenigo, figlia del grande diplomatico e ambasciatore della Repubblica di Venezia, Andrea Memmo (l’architetto di Prato della Valle di Padova). Per questo Lucietta girò molto e visse molti anni a Roma, dove studiò, incontrò persone, frequentò Circoli Culturali. Una volta andata sposa ad Alvise, dopo un primo periodo trascorso a Palazzo Mocenigo in Venezia, si ritrovò nelle campagne insalubri del Molinato, nome originario di quella cittadina che Alvise prima creò e poi ribattezzò col suo nome. Lucietta non ne fu subito entusiasta ma non si perse d’animo. Finì coll’appassionarsi a tutto, vivendo un’esistenza che è una sorpresa anche per le donne di oggi: curiosa, emancipata, desiderosa di imparare, fu a Venezia, Verona, Parigi e Vienna. Ovunque si confermava dama di cultura, capace di intessere importanti rapporti utili anche per l’ascesa o il consolidamento della figura del conte consorte. Fra le tante esperienze, fu a Parigi per far studiare il figlio Alvisetto. Lì, anch’essa si diede allo studio e alle nobili frequentazioni. Lì, impossibilitata poiché donna a seguire le lezioni di storia all’ Università, partecipò agli studi di botanica al Jardin des Plantes. Lì, consolidò l’amicizia con Joséphine Bonaparte, che aveva già avuto ospite a Palazzo in Venezia, e divenne assidua a La Malmaison. Dopo il periodo parigino (1813), Lucietta, fresca di studi, partì alla volta di Alvisopoli con le carrozze colme di piante e fiori esotici e lontani, che arrivavano alle serre di Parigi dall’estremo Oriente. Tra queste ci doveva essere anche quella che oggi è la rosa "Moceniga", una bengalese appunto. Dopo anni di silenzio e scarso interesse, questa rosa è diventata oggetto di studio. A metà maggio Cordovado in una due giorni dedicata alle rose ha ascoltato esperti sulla "rosa di Joséphine". L’architetto Paolo De Rocco, conoscitore del parco di Alvisopoli dove la rosa continua a riprodursi e fiorire, ha risollevato la questione. "Quando nel 1995 sono stato incaricato di ricreare un roseto antico nel cortino del Castello di Fratta, sempre in Fossalta di Portogruaro - spiega lo stesso- tra le rose ho messo la Mocenigo, piantumata appositamente accanto alla bengalese Old Blush, una rosa di fine Settecento, importata dall’Oriente. Si credeva che fossero la stessa pianta. Ma vedendole crescere e sbocciare l’una accanto all’altra, osservandone petali e foglie, le differenze si sono presto notate". Così la parola è passata a una esperta come Eleonora Garlant, appassionata di rose antiche, proprietaria in quel di Artegna, di una roseria nota in tutta Europa. La Garlant si dedica in particolare alle rose galliche, di cui nell’Ottocento si conoscevano tremila specie, scese oggi a trecento, di cui lei coltiva ben duecentocinquanta esemplari. "La Moceniga" - come lei la chiama - è una bengalese, ma rispetto alla Old Blush ha un petalo in meno. Ci siamo rivolti ad un esperto francese, François Joyaux, da cui aspettiamo una risposta. Queste rose erano presenti in Oriente, anche a Calcutta, a fine Settecento. Un famoso vivaista inglese, tale Kennedy, le importava in Europa". Non è il primo esperto che viene interpellato: Benito Dalla Via, custode del parco quando era sede del Wwf (e che ora manca tristemente di cura) ricorda che erano stati contatti esperti sia dell’università di Padova che di Londra. Ne venne la medesima risposta: Rosa chinensis mutabilis, molto antica. Come arrivò nelle mani di Lucietta? Due le piste: "O attraverso l’amica di Lucietta a Parigi, madame Genlis - continua la Garlant - che poteva averla comperata dai mercati inglesi o olandesi. O attraverso Noisette, il noto vivaista di rue Saint Jacques in Parigi". Lo stesso da cui provenivano le rose della Malmaison. E qui i fili si riannodano: al castello de La Malmaison, rifugio di Joséphine, esisteva, oltre ad un parco che oggi definiremo all’insegna della Biodiversità, una ricca collezione di rose cinesi. Biodiversità e Rosa bengalese ritornano anche ad Alvisopoli di Fossalta. La risposta dell’esperto francese svelerà qualcosa in più? Non resta che attendere. Ciò non toglie che quanto finora raccontato è già una incantevole storia, supportata da fatti, che un velo di mistero rende, semmai, ancor più intrigante.
Simonetta Venturin
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